Arriviamo a Massa Marittima dalla strada di Siena alle 11 del mattino. E’ il due giugno, festa della Repubblica, ed il parcheggio dietro la cattedrale è ancora in gran parte vuoto. La splendida piazza medievale non sembra una meta turistica di massa, ma uno striscione pubblicitario annuncia la mostra di pittura Ambrogio Lorenzetti in Maremma, inaugurata il giorno prima nei musei di San Pietro all’Orto.

Dopo aver osservato le teste d’animale ed i rilievi con le storie di San Cerbone, fra oche e orsi, tutti scolpiti nella facciata della cattedrale, entriamo nella penombra delle tre navate, coi capitelli medievali dalle forme estremamente classiche. Le ampie finestre gotiche delle absidi danno il giusto rilievo alle opere d’arte negli altari: il crocifisso in fondo alla navata destra e la madonna col bambino, assegnata a Duccio di Boninsegna, in fondo alla sinistra.

Si respira un’aria antica, da turismo colto di una volta. Davvero incredibile  è l’arca di San Cerbone scolpita da Goro di Gregorio e datata 1327, un esempio di plasticità degna della migliore tradizione classica. Altri affreschi medievali attirano l’attenzione del pubblico, in particolare la madonna riscoperta accanto alla porta laterale e recentemente attribuita ad Ambrogio Lorenzetti, da cui ha preso le mosse la mostra estiva dedicata a questo pittore.

Le campane fanno sentire che è arrivato mezzogiorno e sotto il sole risaliamo le vie della città vecchia, passando da San Francesco fino alla torre del Candeliere, dove comincia la “città nuova” del tredicesimo secolo, così diversa dalla “città vecchia”, quasi disgiunta da essa, con l’impianto razionale di strade perpendicolari e l’edilizia popolare di casette senza qualità architettonica. Qui spiccano le belle porte di travertino delle mura urbane e la grande chiesa conventuale di Sant’Agostino, dalle slanciate absidi gotiche, ricca di dipinti agli altari, dov’era la “Madonna e Santi” di Ambrogio Lorenzetti, ora collocata nel museo d’arte sacra (dov’è la mostra temporanea per i turisti estivi). Alla ricerca di un posto per pranzare, percorriamo a piedi la lunga la rampa in discesa verso la città vecchia, passando sotto l’arco della fortezza senese che offre uno splendido colpo d’occhio sul mar Tirreno. Nel ristorante Il Gatto e la Volpe mangiamo un ottimo lampredotto alle erbe e pici all’aglione. Dopo pranzo lasciamo il centro urbano di Massa Marittima, e prima di occupare la stanza nell’agriturismo “Sonnellino in Maremma” allunghiamo il percorso in auto fin sulle sponde del lago dell’Accesa, luogo di balneazione nelle prime ore del pomeriggio, in un bel paesaggio fiorito, ma con una via per arrivarci abbastanza degradata. Nel parcheggio fra gli alberi sono evidenti i vetri a terra di automobili scassinate dai borseggiatori, mentre non si notano segni altrettanto evidenti del parco archeologico e del villaggio preistorico.

Dopo esserci riposati a sufficienza nel silenzio dell’agriturismo, alle quattro del pomeriggio torniamo a Massa Marittima per visitare il museo archeologico allestito nel palazzo del podestà, dove al primo piano sono conservati i reperti protostorici del Lago dell’Accesa in un bell’allestimento di qualche decennio fa, commentato dai rilievi topografici degli scavi. La sezione al piano terra ha subìto rifacimenti e la famosa stele preistorica, insieme alle testimonianze paleolitiche, sono incapsulate in un allestimento con ricostruzioni di grotte, capanne e manichini per la didattica delle scuole. Mi informo sull’accessibilità degli scavi del lago dell’Accesa ed acquisto un volumetto pubblicato nel 2000, che mostra gli stessi rilievi topografici esposti nei pannelli del museo. Terminata la visita ci affacciamo sulla via retrostante per vedere il panorama verso il mar Tirreno, dove le alte montagne della Corsica si stagliano sulle nubi all’orizzonte. Alle 18 entriamo in cattedrale per la messa prefestiva della solennità del Corpus Domini, quando la piazza è ormai ricolma di turisti, con le guide di gruppi organizzati che intrattengono il loro pubblico.

Dopo una pausa nell’agriturismo in campagna, di sera torniamo nelle vie del centro alla ricerca di un posto per cenare, ma Massa Marittima è letteralmente presa d’assalto e troviamo parcheggio solo dopo molti tentativi, nella parte alta, nei pressi del Parco delle Rimembranze. I ristoranti sono meta ambìta degli abitanti del luogo e dei turisti che rientrano dal mare. Riusciamo a malapena a trovare posto nello stesso ristorante dove abbiamo pranzato, che conferma l’ottima qualità del cibo e del servizio (con antipasti ricchissimi e ribollita toscana). Per tornare all’automobile dopo cena ripercorriamo a ritroso la salita che conduce alla torre del Candeliere e poi attraversiamo la “Città Nuova” deserta ed in gran parte disabitata (un problema per la locale urbanistica contemporanea?).

Lasciamo la camera del B&B in campagna fra Massa Marittima e il lago dell’Accesa poco dopo le nove del mattino e prima di lasciare la zona torniamo nel sito del villaggio protostorico dell’Accesa, avendo raccolto qualche informazione il giorno prima nel museo di Massa, dove ho comprato la guida di Giovannangelo Camporeale e Stefano Giuntoli. Lasciata l’auto in sosta nella località che dà accesso al lago (dove sono alcuni ristoranti un po’ dimessi) rimaniamo sconcertati per lo stato in cui versa il percorso di visita, inaugurato nel 2001. Il ponte di legno sul torrente Bruna è reso inagibile, pare quasi volontariamente, con la rottura della scala che consente di salirci sopra, ed il “quartiere A” della città protostorica non è raggiungibile seguendo il percorso più breve. Torniamo a parcheggiare l’auto dove l’abbiamo lasciata il pomeriggio precedente, fra segni evidenti di degrado di un luogo naturale che avrebbe molto da dare ai visitatori se fosse trattato con rispetto. Ci inoltriamo ad osservare il “quartiere C” (quello più vicina al lago) dove i  resti archeologici sono ben visibili nel prato, ma i pannelli illustrativi risultano del tutto illeggibili. Il sentiero diretto alle aree nascoste dal bosco non invita all’esplorazione turistica, con il timore dei borseggiatori in agguato nel parcheggio dove abbiamo lasciato l’auto. In questa terra è difficile garantire continuità ad iniziative lodevoli come i parchi archeologici pubblici senza recinto né servizio di sorveglianza.

Riprendiamo la strada per Vetulonia fra i prati fioriti e poco prima delle dieci del mattino arriviamo nel borgo d’origine etrusca, panoramico verso il Tirreno e la Maremma, dove Isidoro Falchi riconobbe per primo l’antica città di Vetlna nel giorno di Pentecoste del 1880. Anche noi arriviamo qui la domenica di Pentecoste e lungo la strada che conduce al centro storico troviamo un po’ di trambusto, dopo l’inaugurazione della mostra dedicata alla “casa egiziana” allestita proprio nel museo etrusco “Isidoro Falchi”. Non nascondo il mio disappunto.  Non sono salito a Vetulonia per vedere una mostra sull’antico Egitto! e dopo una passeggiata fino alle mura dell’arce, ripartiamo verso Grosseto, fermandoci però ai tumuli di Pietrera e del Diavolino II, grandi ipogei etruschi del VII secolo a.C., che si stagliano nel pendio di Vetulonia come i “meloni” di Cortona. Entro per la prima volta nel tumulo di Pietrera, finalmente accessibile al pubblico dopo decenni di lavori di restauro, e all’interno vedo un paramento murario molto raffinato. Entriamo anche nell’altro tumulo del Diavolino, che avevo già visto dopo i restauri, un po’ troppo eccessivi a dire il vero, con la ricostruzione dell’interno che sembra un’astronave extraterrestre. Il centro etrusco di Vetulonia, che ricordavo magico e intatto,  sta subendo gli effetti di una fraintesa valorizzazione turistica.

Un po’ tramortiti dalla trasformazione dell’antico borgo etrusco di Vetulonia, raggiungiamo Grosseto, dove in Cattedrale è in corso la cerimonia delle Cresime. Dopo un caffè, ormai a mezzogiorno entriamo nel Museo archeologico e d’arte della Maremma, davvero eccezionale per la ricchezza delle collezioni archeologiche della città romana di Roselle (fra cui alcune statue di grande bellezza), e lo splendido allestimento fruibile a più livelli, anche per quel che riguarda la parte protostorica, senza fastidiose contaminazioni: davvero un peccato che chiudesse all’una in punto! Appena fuori, poco distante dal museo vediamo la chiesa gotica di San Francesco, aperta sotto il sole a picco di Giugno, con un interessante crocefisso attribuito a Duccio sull’altare. La città di Grosseto si spopola all’ora di pranzo e per mangiare troviamo aperto solo un ristorante un po’ bislacco, con un oste romano che si fa chiamare “Er transteverino” e che ci accontenta con un piatto eccessivo di bucatini all’amatriciana, in un tavolino all’aperto nella via davanti al duomo deserto dopo le cerimonie del mattino.

Dopo pranzo riprendiamo la via di casa, ma prima di rientrare facciamo tappa agli scavi archeologici di Roselle, nella sella di un poggio panoramico dove lo sguardo si allarga sulla valle dell’Ombrone. Verso ovest Vetulonia spicca in cima al monte. Essendo gestita come sito nazionale, l’area archeologica di Roselle è aperta gratuitamente nella prima domenica del mese. L’intenso sole del pomeriggio è mitigato da una brezza che dà un po’ di refrigerio all’ombra degli alberi che affiancano qua e là la strada antica in trincea lungo il pendio. Nel punto più alto troviamo l’anfiteatro che conserva l’arena scavata nella terra con bei paramenti murari in opus reticulatum. Sotto l’anfiteatro, nella sella del colle cui corrisponde la parte centrale dell’area archeologica, sono evidenti i resti di edifici monumentali, accanto ai quali sono state collocate copie delle statue d’età imperiale qui rinvenute negli scavi degli anni Cinquanta del Novecento (gli originali li abbiamo appena visti nel museo di Grosseto). A fronte di tanta ricchezza scultorea, il sito non si caratterizza per la presenza di mosaici particolarmente sontuosi. Alcuni pavimenti antichi sono conservati nella domus all’estremità meridionale della sella, indicata come “dei mosaici”. Prima di uscire dal recinto dell’area archeologica, in prossimità dell’ingresso, faccio pochi passi in direzione delle mura ciclopiche della città etrusca, che vedo appena, non avendo purtroppo il tempo di percorrerle per intero nel lungo perimetro quadrangolare che cinge il colle su tre lati.

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