Nel venerdì di Pasqua fervono i preparativi per la processione del Cristo morto che trasforma le vie del centro storico di Sulmona nel palco di una esibizione. Parcheggiamo di mattina all’ingresso della città, lungo il perimetro dei giardini pubblici davanti alla cattedrale di San Panfilo, dove entriamo senza disturbare il rito silenzioso dell’adorazione del Santissimo Sacramento nell’altare laterale. Forse a causa delle cerimonie pasquali è interdetta la visita della cripta medievale, che è la parte più interessante dell’edificio.

 

Gli archi e le volte della navata centrale sono di stile tardo barocco, rifatti dopo il grande terremoto del 1706 che lasciò un segno indelebile in ogni edificio di Sulmona, mentre le robuste colonne cilindriche coronate da sottili capitelli scolpiti sono ancora quelle della basilica medievale. La facciata piatta col campanile a vela che si alza di poco sul cornicione è una caratteristica degli edifici di Sulmona, che li rende vagamente simili alle missioni spagnole d’oltremare: un tratto estetico motivato forse da precauzioni antisismiche (o da limiti di budget?) negli anni della ricostruzione settecentesca.

 

Percorriamo a piedi i giardini della cattedrale lungo Corso Ovidio fino alla piazza della Santa Annunziata, centro monumentale della cittadina scandito dal profilo delle chiesa e del palazzo che amalgamano tratti medievali, rinascimentali e barocchi in un unico complesso monumentale ricomposto dopo il sisma del 1706. Spiccano le ricche cornici delle tre bifore al secondo piano, ma sorprende ancor di più  la decorazione del lungo cordolo orizzontale che le sostiene. Girali, tralci e piccole figure umane a rilievo sviluppano un motivo vegetale su una linea orizzontale che taglia a metà la facciata.Un campanile a vela si alza di qualche metro sul cornicione come una quinta scenografica. Entriamo nella chiesa dell’Annunziata, ricca di di manufatti lignei e di intarsi marmorei che ricordano l’arte napoletana. Anche le pale d’altare risentono dell’influenza napoletana nei nomi di artisti che furono vicini a Luca Giordano e al Cavalier d’Arpino. Madonne popolari vestite come bambole si fanno venerare nelle nicchie degli altari.

 

Proseguiamo su Corso Ovidio fino alla piazza successiva, dov’è la statua del poeta latino nativo di Sulmona, raggiungendo poi la fonte del vecchio, dove comincia l’acquedotto medievale che cinge con una lunga serie di archi acuti la grande piazza Garibaldi. I profili innevati dei monti fanno da cornice sullo sfondo. Ci soffermiamo sui resti dell’abside della chiesa di San Francesco, segno emblematico del sisma del 1706, e sull’antico portale laterale che ora immette in un ambiente a cielo aperto. La chiesa di San Francesco dopo il sisma fu accorciata, rinunciando all’abside medievale, isolata come un rudere nel paesaggio urbano, ma in suggestiva risonanza con gli archi dell’acquedotto medievale.

 

L’attuale San Francesco conserva la facciata medievale, ma ha l’interno rifatto nel Settecento: un’unica navata con belle rifiniture lignee ed un organo monumentale sopra il portale d’ingresso. Per raggiungere la chiesa successiva di Santa Maria della Tomba deviamo in discesa verso porta sant’Antonio per vedere se la città offre un’immagine monumentale anche al di fuori del recinto medievale. Ma delle mura non vediamo tracce, a parte gli archi di alcune porte urbiche. Rientriamo nel centro storico dalla Porta di Santa Maria della Tomba e costeggiamo il lato della chiesa fino alla piazza antistante. Ci troviamo davanti ad un’altra facciata rettangolare con il solito campanile a vela che la prolunga in altezza ad una estremità.

 

Nell’interno di Santa Maria della Tomba non troviamo le aggiunte barocche che avevano modificato l’edificio dopo il sisma del 1706. Un restauro radicale nel corso del Novecento ha ricondotto l’interno alle linee essenziali dell’architettura medievale. Nelle navate piuttosto buie si notano resti di affreschi e le solite statue di “madonne vestite” nelle nicchie degli altari. Parte da qui la processione del giorno di Pasqua con la statua della Madonna che scappa. Sulle orme della processione pasquale ci dirigiamo verso piazza Garibaldi che si allarga oltre gli archi dell’acquedotto medievale, con le alte montagne del Morrone sullo sfondo. Al vertice opposto della piazza c’è la chiesa di San Filippo, punto di arrivo della corsa pasquale della Madonna, con una bella facciata rimontata dopo il sisma del 1706 (prima apparteneva alla chiesa di San Martino).

 

Dopo un caffè in piazza Garibaldi in tarda mattinata entriamo nel vicino museo di Santa Chiara, che comprende raccolte diocesane d’arte sacra e la galleria d’arte contemporanea del Premio Sulmona negli ambienti dell’ex convento di Santa Chiara che sono stati in parte ricostruiti. Tralasciamo l’arte contemporanea e concentriamo l’attenzione sulle splendide oreficerie di produzione sulmonese e sulla ricca tradizione di tessuti che nel corso dei secoli produsse straordinari paramenti sacri, a partire dalla casula dell’epoca di Federico II.

 

Degni di nota sono alcuni libri antichi fra cui un raro messale francescano degli anni intorno al 1260. Completano la raccolta alcune pale d’altare tratte dalle chiese del territorio sulmonese e notevoli affreschi duecenteschi affiorati dalle murature dell’antica chiesa di Santa Chiara. Queste opere purtroppo non esauriscono le raccolte artistiche di Sulmona, che sono tuttora chiuse nelle grandi sale del vecchio museo del palazzo dell’Annunziata, inaccessibile e senza prospettive di riapertura. Non vediamo altri visitatori nel museo di Santa Chiara, che appare decentrato dal circuito turistico ai margini di piazza Garibaldi. Prima di fermarci per un pranzo veloce in un bar del centro, percorriamo le vie di Sulmona alla ricerca di angoli caratteristici.

 

Molti palazzi settecenteschi esibiscono bei terrazzini panciuti di ferro battuto. Nel tessuto urbano affiorano di tanto in tanto le tracce di una pregiata edilizia quattrocentesca, di stile Durazzesco, che a me ricorda i palazzi dei cavalieri di Rodi, non sempre in buono stato. Entriamo nel movimentato cortile di palazzo Tabassi che conserva fra l’altro una raccolta di epigrafi romane con vecchie didascalie incorniciate come cinquantant’anni fa.

 

Dopo pranzo ci allontaniamo in automobile dal centro urbano verso l’abbazia morronese ed al santuario di Ercole Curino. L’orario di apertura dell’abbazia è circoscritto alle ore del mattino, per cui alle due del pomeriggio non ci resta che ammirare l’imponente facciata di ispirazione borrominiana dall’esterno, in compagnia di un triste impiegato del Mibact che vorrebbe raccontarci qualcosa della storia millenaria del complesso antico, poi divenuto carcere, nel grande cortile alberato riconvertito a uffici pubblici.

 

Dall’abbazia raggiungiamo poi in automobile il parcheggio da cui si dirama in alto il sentiero per sant’Onofrio, mentre in basso ci sono i resti del Santuario di Ercole Curino che si impone sulla valle con terrazzamenti poderosi nella montagna del Morrone, proprio sotto l’eremo di sant’Onofrio di cui probabilmente costituisce l’antefatto. Gli eremiti medievali si riparavano fra ruderi romani che in Abruzzo vengono detti morroni. Pietro da Morrone potrebbe racchiudere nel nome la citazione dei resti del tempio di Ercole presso il quale aveva trascorso gli anni della vita eremitica. L’intera montagna morronese porterebbe forse nel nome l’eco di queste tracce romane?

 

Scendiamo il pendio lungo i tornanti del sentiero all’ombra rada di alberi appena sbocciati. Nel terrazzo più alto del santuario si conservano i grandi blocchi della pavimentazione ed i resti della cella templare dove fu ritrovate la statuetta di Ercole Curino, con un bel mosaico policromo decorato da un motivo a delfini. Il panorama sulla conca di Sulmona è vastissimo in ogni direzione fino al Gran Sasso: quanto basta per comprendere le ragioni del “gran rifiuto” di Pietro Da Morrone, che rinunciò al pontificato per tornare a vivere qui.

 

Nonostante sia il mese di Aprile fa molto caldo e non saliamo a piedi fino all’edificio medievale dell’eremo di Sant’Onofrio che scrutiamo dal basso. In automobile rientriamo a Sulmona per vedere finalmente il museo archeologico annesso al palazzo dell’Annunziata che in alcune sale espone i ritrovamenti della città romana e del suo territorio. E’ interessante completare l’indagine del tempio di Ercole Curino tramite i manufatti qui conservati e  le ricostruzioni didattiche. Le vetrine illustrano anche altri santuari del territorio sulmonese insieme alle memorie di collezionisti che hanno scritto la storia degli scavi archeologici del luogo. Un’accurata presentazione della topografia romana identifica perfino due successivi cicli edilizi della città di Sulmona fra primo e secondo secolo dopo Cristo.

 

Altre sale del museo sono destinate alla protostoria italica dei Peligni ed ai mosaici di una domus romana musealizzata nel luogo del ritrovamento. Annesso all’archeologico c’è anche un museo del costume abruzzese, ma le grandi sale del vecchio museo civico restano ancora chiuse a dieci anni dal terremoto del 2009, con le belle finestre antiche affacciate su corso Ovidio che mostrano qualche fessura, perfino un vetro rotto. Quando ci attardiamo seduti ad un tavolo del bar di fronte, mancano poche ore alla processione del Cristo morto e le transenne sono già state disposte lungo il corso. I musicisti della banda cittadina arrivano alla spicciolata con gli strumenti in mano e l’abito da parata.

(Lorenzo Aldini, 19 aprile 2019. A Sulmona con Giorgia)

 

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