La mattina del 21 marzo prendiamo il treno a Faenza e sulla ferrovia appenninica di Marradi raggiungiamo la stazione di Santa Maria Novella poco dopo le dieci del mattino. A Firenze abbiamo in programma la visita del museo di preistoria intitolato a Paolo Graziosi, nell’ex convento delle Oblate: un museo prevalentemente didattico, che raccoglie tuttavia importanti reperti di archeologia preistorica da scavi effettuati nella penisola italiana, con un inserto di archeologia africana. E’ un luogo di studio che permette di fissare nella memoria le tappe della civilizzazione della penisola, attraverso i materiali dell’Istituto fiorentino di preistoria che fu diretto da Paolo Graziosi. Le vetrine sono molto semplici, forse un po’ datate nell’allestimento, comunque efficaci.

Foto di scavo in bianco e nero vivacizzano l’esposizione insieme a rilievi topografici ed a sezioni geologiche dei territori esplorati. L’approccio stratigrafico è evidente negli espositori delle selci scheggiate che mostrano la successione dei manufatti in file sovrapposte. Prevalgono i contesti di scavo esplorati dagli archeologi dell’istituto fiorentino di preistoria, che si distinse a partire dalla seconda metà del Novecento per l’utilizzo di metodi analitici che avvicinano la paleontologia umana alle scienze naturali. Maggior spazio è assegnato ai manufatti del paleolitico, a partire dalla fase più antica dei cioppers rinvenuti nel litorale toscano nei pressi di Livorno (da 700.000 a un milione di anni fa) ed ascrivibili ad ominidi di incerta ascendenza.

L’industria litica è ampiamente documentata anche in relazione al paleolitico medio e superiore, quando le schegge diventano sempre più minute, fino al neolitico, con l’interesse rivolto alle fonti di approvvigionamento delle antiche culture, alla dimensione simbolica dei riti funerari ed alle forme d’arte. Quest’ultime rappresentano forse il settore più interessante del museo e riflettono gli interessi di Paolo Graziosi, che diede un contributo importante agli studi d’arte rupestre e raccolse in questo museo un campionario di calchi di sculture, riproduzioni di pitture e di graffiti paleolitici e neolitici. Particolare rilievo è dato alle scoperte della grotta del Genovese nell’isola di Levanzo.

L’età neolitica è anche testimoniata da alcuni capisaldi riconoscibili nelle tipiche forme vascolari “campaniformi” o “a bocca quadrata” oppure dal tipo di decorazione (ceramica impressa, spiraliforme, ecc.). Una parte considerevole della ceramica esposta proviene dal contesto del Rinaldone, con centro di diffusione fra Lazio e Toscana nell’età di transizione fra neolitico ed età del bronzo. Nell’ultima vetrina vediamo finalmente alcune ceramiche della Grotta del Grano, riferibili all’età del bronzo e provenienti dalla Gola del Furlo.

Quando il museo chiude a mezzogiorno e mezzo non possiamo dire di aver ultimato la visita. Ci dirigiamo a pranzo verso il mercato centrale di San Lorenzo, dove ci sediamo a mangiare un gustosissimo piatto di stracotto nelle tavolate comuni al secondo piano della struttura coperta. Il sole filtra dalle vetrate e richiama l’attenzione verso altre tappe della nostra giornata, ma ci attardiamo a parlare a tavola fin oltre le due, dopo di che ci dirigiamo verso la piazza della Santissima Annunziata. Di pomeriggio abbiamo in programma la visita del nuovo Museo degli Innocenti, riaperto tre anni fa dopo importanti lavori di ristrutturazione che hanno lasciato un’impronta architettonica contemporanea, di cui il complesso brunelleschiano avrebbe potuto certamente fare a meno.

Si entra da un ingresso decentrato che simula la saracinesca di un garage. Prima di vedere la luce dei due chiostri rinascimentali, il nuovo itinerario accompagna i visitatori lungo un percorso interrato e senza finestre, che narrra la storia dello Spedale degli Innocenti mediante cimeli ed immagini di antichi benefattori. Lo stile espositivo è quello di alcuni musei tematici che ricordo di aver visto nella zona di Salisburgo. La trovata più appariscente (davvero necessaria?) è la sala circolare coi piccoli cassetti da aprire per scoprire i “mezzi ciondoli” dei trovatelli, secondo un’usanza che avrebbe consentito alle madri il riconoscimento dei figli consegnati allo Spedale in forma anonima.

E’ una trovata ad effetto che avvicina questa esposizione ad una installazione d’arte contemporanea. Può fare sorridere (o arrabbiare) chi è venuto fin qui per vedere le raccolte d’arte e l’architettura rinascimentale di BrunelleschiLa parte più interessante della storia di questa istituzione sono le fotografie che ritraggono i bambini e le badanti nei dormitori, nelle sale e nelle cucine, che sul finire dell’Ottocento furono attrezzate con le migliori tecnologie dell’epoca. Dalle cantine riemergiamo finalmente nei chiostri “delle donne” e “degli uomini”, dove gli archi ed i capitelli parlano la lingua di un classicismo rinascimentale assai precoce, che ha fatto scuola per quasi un secolo ai costruttori di chiostri nei conventi di campagna.

La statua trecentesca di un profeta appartenuto ad Orsammichele fa’ gli onori di casa all’ingresso dello scalone che conduce alle galleria del piano superiore, rinnovata anch’essa con trovate architettoniche non necessarie. Meglio sarebbe stato lasciare le finestre aperte ed i quadri allineati lungo le pareti bianche del grande corridoio. Fra le opere d’arte qui esposte, rimaniamo incantati davanti all’Incoronazione della Vergine del Maestro della Madonna Strauss ed alla bella Madonna col bambino di Luca della Robbia, iniziatore della ricca tradizione delle terraccotta invetriate, utilizzate anche per decorare l’architettura rinascimentale esterna.

Qui si coglie la ricchezza iconografica della tradizione cristiana che fornisce l’idealtipo del bambino-innocente nell’immagine di Gesù. Sono interessanti anche gli stendardi processionali e le rappresentazioni della Madonna della Misericordia che sotto il manto protegge una folla di ragazzini. In fondo alla galleria si apre la stanza con i capolavori del Ghirlandaio e di Piero di Cosimo, che decoravano gli altari della chiesa dello Spedale, mentre in un altro ambiente annesso vediamo nella penombra alcune Madonne agghindate di devozione popolare.

Terminiamo la visita nella sala degli arredi liturgici, aggiunta nel Seicento sul voltone di Via della Colonna. L’uscita del Museo degli Innocenti è accanto all’ingresso, ma non è la stessa porta, come accade nei supermercati, forse in previsione di grandi flussi turistici che nel giorno della nostra visita non vediamo. Fuori dai chiostri brunelleschiani siamo proiettati nella luce intensa della piazza dove si affaccia la Santissima Annunziata. Entriamo nella Basilica dei Padri Serviti e nel chiostro grande dei morti, che precede l’ingresso, vediamo ricollocate le famose lunette affrescate di Andrea del Sarto, Jacopo Pontormo e Rosso Fiorentino, da cui presero le mosse le recenti mostre sul manierismo fiorentino. La Santa Annunziata è carica di decorazioni seicentesche ed alle quattro del pomeriggio è inondata dalla luce dorata del sole ormai basso sull’orizzonte.

Non ci soffermiamo sugli antichi affreschi che emergono a frammenti nella navata occidentale, ma in un altare vedo la grande crocifissione dello Stradano, che fu in mostra a Palazzo Strozzi un anno fa, ed un San Filippo Benizzi del Seicento, di cui esistono copie coeve in altre chiese dei Servi. Manca un’ora prima del treno delle 17 e 40 e per trascorrere il tempo residuo ritorniamo nel museo di preistoria per osservare con maggior attenzione le ultime vetrine dell’Eneolitico e dell’età del Bronzo, sulle quali di mattina avevamo avuto un po’ fretta. Cerchiamo così di mettere meglio a fuoco la Cultura di Rinaldone, diffusa nella penisola in età eneolitica, con una produzione di belle forme ceramiche e la persistenza di strumenti simili a quelli del paleolitico superiore.

Al termine della visita compiliamo il questionario che ci era stato consegnato di mattina ed abbiamo il tempo di scambiare qualche parola con due giovani universitari, che nella prima sala del museo stanno installando l’infrastruttura sperimentale di una audioguida per dispositivi mobili… Rientriamo in stazione a Faenza alle sette e mezzo, dopo un gradevole viaggio sulla ferrovia appenninica al tramonto, in tempo per rientrare a casa per cena.

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(Lorenzo Aldini, 21 marzo 2019. A Firenze nel Museo di Preistoria, nel Museo degli Innocenti e nella Basilica della Santa Annuziata con Paolo Branzaglia e Michelangelo Monti)

 

 

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